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LE TERRE DI FASANO E MONOPOLI NEL MEDIOEVO

Il paesaggio intorno alla civitas di Monopoli e al casale di Fagianus appare descritto, in alcuni documenti di età medievale, come diviso in due sezioni distinte: una zona ‘oltre i rilievi, sterile, boscosa, incolta e adatta al pascolo'. L'altra, verso il mare, ricca di ‘vigne, oliveti, alberi da frutto, terre da lavoro e da coltura, grotte edificate e ordinate ad opera dei padroni'. Vale a dire: la serra delle Murge corrispondente alla cosiddetta Selva di Fasano ed il piano digradante verso l'Adriatico con il suo operoso mondo agricolo e le grotte che ne facevano parte.

Le informazioni provenienti soprattutto da documenti, catasti e platee relative agli ordini religiosi presenti sul territorio rivelano l'esistenza di un paesaggio agrario caratterizzato dalla presenza di ulivi e olivastri, più raramente della vite e di colture speciali. A questo corrisponde uno scenario rurale frammentato in numerosi appezzamenti di terre delimitati da muri a secco e animato da piccoli villaggi (o casali) collegati da un fitto reticolo stradale.

Di questo ambiente a vocazione agricolo-pastorale le grotte erano una presenza costante e avevano anche funzioni materiali legate soprattutto all'agricoltura, come dimostra la diffusa presenza di frantoi oleari in grotta chiamati trappeti. Erano elementi chiave di quel mondo, gli uliveti frammisti a vigne, gli orticelli, i pozzi a campana, i depositi, le lame. Le cripte erano beni censiti nei patrimoni feudali e monastici, spesso concesse in uso ai contadini, trasmesse in eredità o conferite in dote. La raccolta e la distribuzione dell'acqua era un aspetto essenziale della vita, in quel mondo, i cui sistemi erano concepiti per utilizzare l'acqua piovana fino all'ultima goccia. Pozzi, acquari, fogge erano presenti negli abitati come in campagna. A Lama d'Antico, insediamento rupestre di Fasano tra i più ampi e meglio conservati, i pozzi erano tredici e collegati ad una complessa rete di vasche e canali: il canale di Pilo era servito da almeno sei pozzi e molti di questi sono documentati alla lama di San Procopio e nel casale di Santa Maria di Pozzofaceto.

I pozzi rovinati e ridotti a discarica erano oggetto di concessione per essere ristrutturati e riutilizzati.

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